Cosa è lo smart working e (soprattutto) funziona?

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Lo smart working è entrato nel vocabolario contemporaneo, oggi tutti parlano di questa nuova frontiera del lavoro. Ed è normale che sia così, il tema è sempre sul tavolo degli interessi quotidiani. Sia di chi il lavoro lo cerca, sia degli imprenditori che hanno bisogni chiari in termini di contratti lavorativi.

L’idea è semplice: ormai è impensabile puntare al lavoro fisso. Ma al tempo stesso è impossibile considerare la sfera professionale come qualcosa di immutabile, statico, monolitico. Senza invadere il campo della sociologia, il mondo del lavoro oggi segue regole liquide e frastagliate, non più adatte a chi ha come obiettivo la stabilità dei decenni passati. Le nuove generazioni nascono e crescono adottando questo modello.

Un modello dove la precarietà deve essere trasformata in chiave positiva per diventare evoluzione altrimenti si trasforma in sofferenza sociale. Questo passaggio è noto a chi vuole reinventarsi a 50 anni e creare un lavoro (non solo trovarlo). Così nascono nuovi modelli di business come quello dei coworking, e si sviluppano paradigmi alternativi. E potenzialmente vincenti. Proprio come lo smart working: approfondiamo?

Cos’è lo smart working: definizione

Il primo passaggio utile è questo: trovare una definizione del concetto. Quindi, cos’è lo smart working? Con questo concetto si intende una riorganizzazione flessibile del lavoro che sfrutta le nuove tecnologie digitali (come Dropbox, Skype e Google Drive) per superare i limiti imposti dallo spazio e del tempo. Detto in altre parole, il lavoro diventa agile e si modella intorno alle necessità dell’azienda e/o del dipendente.

smart working

Quindi, smart working non significa lavorare meno ma in qualche modo è parte della ricetta per contrastare la crisi. Le risorse si definiscono diversamente, dove servono. E si abbattono le spese lavorando attraverso uffici digitali che permettono di annullare affitti, oneri, licenze. L’obiettivo di questa tendenza è duplice: aumentare la produttività e migliorare la qualità della vita. Anche in condizioni particolari come quella di chi deve accudire i figli o ha un problema di salute. Sembra una realtà interessante, vero? Ecco perché sta prendendo piede in Italia.

Dati e tendenze in Italia

Come si sviluppa lo smart working in Italia? Piuttosto bene, l’idea che si nasconde alla base di questa metodologia di lavoro non implica grandi investimenti. Anzi, nella maggior parte dei casi rappresenta una salvezza per le aziende che vogliono ridurre i costi senza rinunciare al proprio business. Una delle notizie recenti lascia ben sperare per un’applicazione dello smart working nelle realtà più grandi.

Qualche esempio? Circa 500 lavoratori delle Ferrovie, a settembre, inizieranno a lavorare dai 4 agli 8 giorni al mese dove preferiscono (La Repubblica). Stessa strada è stata intrapresa dall’Enel che ha adottato lo smart working per 7.000 dipendenti e per la Barilla che ha spostato l’ufficio per 8 giorni al mese. Con un risparmio di circa 2.136 euro per ogni singolo impiegato (Corriere della Sera).

smart working
Gli italiani conoscono lo smart working?

La crescita dello smart working è stata già osservata nel 2016, quando l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano ha evidenziato un passaggio chiave ripreso da Il Sole 24 Ore: “I lavoratori smart in Italia sono circa 250mila, ovvero il 7% dei dipendenti (impiegati, quadri e dirigenti) con un contratto di lavoro subordinato, in crescita del 40% rispetto al 2013”. Sempre sullo stesso quotidiano, nel febbraio 2016, è stata pubblicata un’infografica che mette in evidenza le opinioni e le conoscenze dell’argomento tra gli italiani. Risultato? Il 57,2% degli intervistati lavorerebbe da casa e il 40,5% vorrebbe operare fuori dall’ufficio, in qualsiasi altro posto, con dispositivo mobile (infodata.ilsole24ore.com).

Legge sullo smart working

Lo Stato italiano ha capito l’importanza dello smart working all’interno dell’economia e del lavoro nazionale. Ecco perché le ultime notizie sono rassicuranti: l’Aula del Senato ha dato il via libera sul tema del lavoro autonomo e lavoro agile. In cosa consiste questo provvedimento? Come sottolinea il documento ufficiale, lo smart working sarà visto come:

Modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato che viene stabilita mediante accordo tra le parti, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici ed eseguita in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale.

Questi passaggi sono importanti perché regolano dinamiche importanti dello smart working. Che non significa lavorare sempre e comunque, senza considerare quello che è l’orario di lavoro consentito. Ma ne parleremo meglio nei prossimi paragrafi, quando ragioneremo intorno a vantaggi e svantaggi di questa nuova frontiera dell’occupazione.

Smart working vuol dire telelavoro?

Spesso lo smart working viene accostato al concetto di telelavoro domiciliare, il classico lavoro da casa. In realtà non è così, o meglio: il telelavoro è una piccola parte dell’argomento che stiamo affrontando. Quando un’azienda svolta verso lo smart working non sta solo installando delle postazioni a casa degli impiegati, ma va oltre. E, ad esempio, dà la possibilità di operare e intervenire ovunque. Anche in viaggio.

E in qualsiasi momento. Come detto prima, smart working vuol dire superare gli scogli imposti dalla presenza fisica in un luogo. Lavorare da casa è una soluzione, ma la mia azienda potrebbe aver bisogno di una figura sempre in viaggio e capace di accedere agli archivi, operare e risolvere problemi. Questo non significa solo modellare il lavoro intorno alle necessità, ma far nascere nuovi servizi da proporre ai clienti.

I vantaggi e svantaggi dello smart working

In realtà i vantaggi dello smart working sono già emersi nell’articolo, ma per comodità faccio una sintesi: maggiori opportunità per le aziende che vogliono ottimizzare le risorse, abbattimento delle spese, sviluppo di nuovi servizi da vendere ai clienti grazie a una forma di lavoro agile, flessibile, capace di adattarsi alle necessità e alle idee. Soprattutto, il dipendente può riprendersi spazi e tempi che prima erano un miraggio.

D’altro canto ci sono dei lati negativi, degli svantaggi legati allo smart working. Chi lavora come freelance, come libero professionista, ha già un’idea di questo punto: con lo smart working il rischio è quello di non staccare mai, di prolungare l’orario di lavoro all’infinito. Complici il ritmo, gli impegni, la pressione e spesso la passione che si mette nel proprio lavoro. La sfera privata e quella professionale si incontrano pericolosamente. Ecco perché nelle ultime novità legislative si parla di diritto alla disconnessione: essere sempre online non vuol dire dover lavorare sempre.

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Un altro rischio dello smart working è l’isolamento nei confronti del team. Il rapporto umano è importante e lo stesso vale per il confronto professionale: in un’epoca in cui si parla di team building, può essere pericoloso isolare un dipendente ed escluderlo dalle dinamiche di gruppo.

Una possibile combinazione: integrare le soluzioni e prevedere sempre degli incontri per promuovere scambio di idee e collaborazioni. Tutto questo senza dimenticare la formazione: smart working non vuol dire ignorare le esigenze del lavoratore ma coltivare in ogni caso il bisogno del singolo di migliorare il bagaglio di competenze.

Tu sei pronto per questo nuovo modello?

I vantaggi dello smart working sono chiari: nuove occasioni, nuova elaborazione del lavoro, nuovo modo di organizzare le risorse. Il risparmio per le aziende è importante e le occasioni per chi lavora si moltiplicano. A patto che ci sia sempre una mentalità propensa e proiettata verso l’innovazione e la flessibilità. Sei d’accordo con questa sintesi? Hai sfruttato i vantaggi dello smart working? Aspetto la tua opinione nei commenti.

Riccardo Esposito
Riccardo Esposito
Mi occupo di scrittura online, copywriting e blogging. Faccio formazione e aiuto le aziende a creare un piano editoriale adatto alle proprie esigenze. Ho scritto due libri dedicati al blogging con Flaccovio Editore.

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