Patrimonio imprenditore: che cos’è il bene azienda? Quali sono i caratteri distintivi? Guida per organizzarsi al meglio

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Il bene e asset più prezioso per l’imprenditore è costituito dall’azienda, la quale viene definita ai sensi dell’articolo 2555 della disciplina codicistica come “il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”. Da questa sintetica nozione legislativa emerge con evidenza il rapporto esistente tra azienda ed impresa sotto il profilo giuridico; si tratta ed è inquadrabile in un rapporto di mezzo a fine: l’azienda per l‘imprenditore costituisce l’apparato strumentale (locali, macchinari, attrezzature, materie prime merci, etc.) di cui l’imprenditore si avvale per lo svolgimento della propria attività d business.

Nella nozione di azienda, l’accento deve essere posto sul dato dell’organizzazione: l’azienda è un insieme di beni eterogenei (mobili, immobili, materiali, immateriali, fungibili, infungibili) che subisce modificazioni qualitative e quantitative anche radicali nel corso dell’attività. E’ e resta però un complesso caratterizzato da un’unità funzionale, per il coordinamento ed il rapporto di complementarietà tra i diversi elementi costitutivi instaurato dall’imprenditore e, soprattutto, per l’unitaria destinazione ad uno specifico fine produttivo.

Bene ed asset Azienda: Organizzazione e rilievo economico

Organizzazione e destinazione ad un fine produttivo sono dati fattuali che attribuiscono ai beni costituiti in azienda ed all’azienda nel suo complesso specifico e particolare rilievo economico, prima ancora che giuridico. I beni organizzati in azienda consentono la produzione di utilità nuove, diverse e maggiori di quelle traibili dai singoli beni isolatamente considerati.

Se sul piano statico, l’azienda si risolve nei beni che la compongono, sul piano dinamico essa è un nuovo “valore”, per l’attitudine alla produzione di nuova ricchezza che l’organizzazione le conferisce. Tale “valore dinamico” dell’azienda, più che attuale consistenza oggettiva del patrimonio dell’imprenditore, acquista rilievo per quanti con lo stesso entrano in contatto concedendogli credito (banche, Confidi, finanziatori, soci, venture capitalist etc.).

Il rapporto di strumentalità e di complementarietà tra i singoli elementi costitutivi dell’impresa, fa sì che il complesso unitario acquisti di regola un valore di scambio maggiore della somma dei valori dei singoli beni che in un dato momento lo costituiscono. Tale maggiore valore si definisce avviamento.

Avviamento: che cos’è e perché è importante?

L’avviamento di un’impresa o, meglio, di un’azienda è in sostanza rappresentato dalla sua attitudine a consentire la realizzazione di un profitto (ricavi eccedenti i costi) e può dipendere e, di regola, dipende sia da fattori oggettivi sia da fattori soggettivi.

Si suole, perciò, distinguere tradizionalmente tra avviamento oggettivo ed avviamento soggettivo: è avviamento oggettivo quello ricollegabile a fattori suscettibili di permanere, anche se muta il titolare dell’azienda, in quanto insiti nel coordinamento funzionale esistente tra i diversi beni.

Si definisce avviamento soggettivo quello dovuto all’abilità operativa dell’imprenditore sul mercato e, in particolare, alla sua abilità nel formarsi, conservare ed accrescere la clientela. Insomma, nella capacità dell’imprenditore di organizzarsi al meglio per fare profitto e raggiungere un equilibrio economico a valere nel tempo.

Azienda: dal rilievo economico a quello giuridico, il Codice civile

Passando dalla dimensione della realtà economica al suo rilievo normativo, è da tenere presente che l’unità economica dell’azienda e gli interessi, sia individuali sia generali, al mantenimento di tale unità trovano oggi significativo riconoscimento nella disciplina dettata dal Codice civile per il trasferimento dell’azienda (articoli 2555-2562 Codice civile).

Si tenga presente che non sempre il termine azienda è legislativamente utilizzato nel significato fissato dall’articolo 2555 Codice civile ai fini della disciplina del trasferimento.

Una più ampia nozione è stata introdotta, per quanto concerne i rapporti di lavoro, dall’articolo 2112 nel testo introdotto dal Decreto legislativo 02/02/2001 n. 18 che, di seguito, riportiamo per completezza espositiva: “… Ai fini e per gli effetti di cui al presente articolo si intende per trasferimento d’azienda qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato ivi compresi l’usufrutto o l’affitto di azienda. 

Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì al trasferimento di parte dell’azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento”.

Il trasferimento a titolo definitivo (vendita del bene azienda) o temporaneo (ad esempio, usufrutto ed affitto) dell’azienda è sottoposto ad un regime normativo che sotto più profili deroga alla disciplina di diritto comune delle corrispondenti vicende circolatorie aventi ad oggetto singoli beni, anche aziendali, o complessi di beni non finalizzati all’espletamento dell’attività imprenditoriale.

Il passaggio dell’azienda da un soggetto ad un altro comporta, infatti, peculiari effetti ex lege (divieto di concorrenza del soggetto cedente, successione nei contratti aziendali etc.) ispirati dalla finalità di favorire la conservazione dell’unità economica e del valore di avviamento dell’azienda, a tutela di quanti su tale unità hanno fatto specifico affidamento (stakeholders o portatori di interessi d’azienda). Viene tutelato, sia pure in modo indiretto e riflesso, anche l’interesse generale alla circolazione dell’azienda come complesso unitario e, quindi, al mantenimento dell’efficienza e della funzionalità dei complessi produttivi.

Gli elementi costitutivi dell’azienda

Elementi costitutivi dell’azienda sono tutti i beni, di qualsiasi natura (cose mobili ed immobili, materiali ed immateriali, fungibili ed infungibili, “organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”) (articolo 2555 Codice civile). Per qualificare un dato bene come bene aziendale rilevante è perciò solo la destinazione funzionale impressagli dall’imprenditore. Irrilevante è invece il titolo giuridico (reale o obbligatorio) che legittima l’imprenditore ad utilizzare un dato bene nel processo produttivo. Non possono essere considerati beni aziendali, i beni di proprietà dell’imprenditore che non siano da questi effettivamente destinati allo svolgimento dell’attività d’impresa (ad esempio, l’abitazione di proprietà dell’imprenditore).

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Viceversa, la qualifica di bene aziendale compete anche ai beni di proprietà di terzi di cui l’imprenditore può disporre in base ad un valido titolo giuridico, purchè attualmente impiegati nell’attività d’impresa (ad esempio, i locali dell’impresa presi in affitto o il macchinario in leasing). Controverso è, invece, tutt’ora quale sia il significato da attribuire alla parola “beni” nell’articolo 2555 Codice civile. La giusta interpretazione è quella di “allargare” la nozione di “bene aziendale” per ricomprendere tra gli elementi costitutivi dell’azienda ogni elemento patrimoniale facente capo all’imprenditore nell’esercizio della propria attività e, più in generale, tutto ciò che può costituire oggetto di tutela giuridica.

L’azienda, allora, deve essere considerata un’organizzazione non solo di beni ma, pure, di servizi: fanno parte integrante i rapporti di lavoro con il personale, nonchè tutti i rapporti contrattuali stipulati per l’esercizio dell’impresa, anche se aventi ad oggetto beni non attualmente impiegati nell’azienda. Elementi costitutivi dell’azienda sono considerati anche i crediti verso la clientela, i debiti verso i fornitori e lo stesso avviamento che è una semplice qualità dell’azienda, sia pure valutabile patrimonialmente (articolo 2426 n. 6, disciplina codicistica) e giuridicamente tutelata (articolo 2557 e articolo 34 Legge 392/1978 sull’equo canone).

Questa nozione omnicomprensiva, tuttavia, non sempre viene condivisa in disciplina, anche se in sostanza e nella prassi operativa di ogni imprenditore, è valida. Più fedele al dettato normativo e più corretta è l’interpretazione che considera elementi costitutivi dell’azienda solo le cose in senso proprio di cui l’imprenditore attualmente si avvale per l’esercizio dell’impresa. Beni, infatti, sono le “cose che possono formare oggetto di diritti” (articolo 810 Codice civile) e la disciplina dell’azienda non offre alcun valido argomento per affermare che nell’articolo 2555, il termine “beni” sia stato utilizzato in un significato diverso e più ampio.

In definitiva, l’azienda è e resta un complesso di soli beni o cose e non concepibile come un complesso di beni e di rapporti giuridici. Il che comporta che, sul piano applicativo, di trasferimento di azienda di potrà parlare quando le parti abbiano espressamente escluso dal trasferimento i contratti aventi ad oggetto prestazioni di cose future o di servizi, i crediti e debiti e, quando un valore di avviamento positivo non sia riscontrabile.

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