Essere imprenditore artigiano: disciplina e contribuzione per il 2017

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Diventare imprenditore artigiano un sogno di tanti che desta dubbi e timori in merito alla disciplina da seguire, specie per quanto concerne la contribuzione obbligatoria da versare alle casse dell’INPS. Ma, niente panico! Se vuoi diventare o essere un artigiano segui la nostra guida e scoprirai tutte le più importanti novità legislative in materia di contribuzione INPS e la disciplina commerciale a cui sei assoggettato nel corso della vita da imprenditore. Seguici e rimani aggiornato!

Era imprenditore artigianale: Legge n.860 del 1956, oggi disciplina abrogata

La piccola impresa (specie agricola e l’impresa artigiana) nel nostro ordinamento del diritto commerciale e societario godono di una copiosissima ed articolatissima legislazione speciale in materia tributaria, lavoristica e creditizia che, spesso e volentieri, cagiona nella mente dell’imprenditore tanti dubbi e disordini.

In un recente passato, la legge n.860 del 1956 era il corpus normativo contenente le norme per la disciplina giuridica delle imprese artigiane e, in base all’articolo 1 della stessa si leggeva che “E’ artigiana, a tutti gli effetti di legge, l’impresa che risponde ai seguenti requisiti fondamentali: a) che abbia per scopo la produzione di beni o la prestazione di servizi, di natura artistica od usuale; b) che sia organizzata ed operi con il lavoro professionale, anche manuale, del suo titolare e, eventualmente, con quello dei suoi familiari; c) che il titolare abbia la piena responsabilita’ dell’azienda e assuma tutti gli oneri e i rischi inerenti alla sua direzione ed alla sua gestione. La qualifica artigiana di un’impresa e’ comprovata dall’iscrizione nell’albo di cui all’art. 9. Non costituisce ostacolo per il riconoscimento della qualita’ artigiana dell’impresa la circostanza che la stessa adoperi macchinari ed utilizzi fonti di energia. Essa puo’ svolgere la sua attivita’, purche’ non in contrasto con le leggi sul lavoro, in luogo fisso, presso l’abitazione del suo titolare o in apposita bottega o in altra sede designata dal committente, oppure in forma ambulante o di posteggio, quale che sia il sistema della remunerazione”.

In pratica l’impresa che rispondeva ai “requisiti fondamentali” fissati dalla Legge n.860 del 1956 all’articolo 1 era da considerarsi artigiana “a tutti gli effetti di legge e, quindi, anche agli effetti civili e fallimentari. Dunque, il dato caratterizzante dell’impresa artigiana risiedeva nella natura “artistica o usuale” dei beni o servizi prodotti e non nella prevalenza del lavoro familiare nel processo produttivo. Rispettati i limiti per il personale dipendente fissati per talune attività artigianali, l’impresa doveva ritenersi artigiana e sottratta al fallimento anche quando, per gli ingenti investimenti di capitali e la manodopera impiegata non era rispettato il criterio della prevalenza.

Ai sensi dell’articolo 2 della Legge n.860 del 1956 si leggeva “Per lo svolgimento della sua attivita’ l’impresa artigiana puo’ valersi, con le limitazioni di cui al seguente comma, della prestazione d’opera di personale dipendente, purche’ questo sia sempre personalmente guidato e diretto dallo stesso titolare dell’impresa. Fermo restando il concorso dei requisiti di cui alle lettere a), b) e c) del precedente articolo, puo’ essere considerata artigiana e, pertanto, essere inclusa negli albi di cui all’art. 9: a) l’impresa che, non lavorando in serie, impieghi normalmente non piu’ di dieci dipendenti, compresi i familiari del titolare ed esclusi gli apprendisti; b) l’impresa che, pur dedicandosi a produzione esclusivamente in serie, non impieghi normalmente piu’ di cinque dipendenti, compresi i familiari del titolare ed esclusi gli apprendisti e sempre che la lavorazione si svolga, con processo non del tutto meccanizzato; c) l’impresa che svolga attivita’ nel settore dei lavori artistici, tradizionali e dell’abbigliamento su misura; d) l’impresa che presti servizi di trasporto ed impieghi normalmente non piu’ di cinque dipendenti, compresi i familiari del titolare ed esclusi gli apprendisti. Il numero massimo degli apprendisti non potra’ essere superiore a dieci per le imprese di cui alla lettera a); a cinque per quelle di cui alle lettere b) e d); a venti per quelle di cui alla lettera c)”.

La qualifica artigiana era, infatti, riconosciuta anche a tutte le imprese costituite in forma di società purchè si trattasse di società cooperative o in nome collettivo ed alla condizione che “la maggioranza dei soci partecipi personalmente al lavoro e, nell’impresa, il lavoro abbia funzione preminente sul capitale” come riportato dall’articolo 3, comma della legge n.860.

Essere imprenditore artigiano: l’attuale disciplina vigente

La situazione legislativa contenuta nella Legge n.860 ha cagionato non pochi dubbi e problemi anche di legittimità costituzionale che, oggi, finalmente sono stati superati grazie all’introduzione nell’ordinamento della Legge n.443 del 1985.

Il nuovo dettato contenuto nelle Legge quadro per l’artigianato del 1985 definisce l’impresa artigiana ai sensi dell’articolo 3: “E’ artigiana l’impresa che, esercitata dall’imprenditore artigiano nei limiti dimensionali di cui alla presente legge, abbia per scopo prevalente lo svolgimento di un’attivita’ di produzione di beni, anche semilavorati, o di prestazioni di servizi, escluse le attivita’ agricole e le attivita’ di prestazione di servizi commerciali, di intermediazione nella circolazione dei beni o ausiliarie di queste ultime, di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, salvo il caso che siano solamente strumentali e accessorie all’esercizio dell’impresa. E’ altresi’ artigiana l’impresa che, nei limiti dimensionali di cui alla presente legge e con gli scopi di cui al precedente comma, e’ costituita ed esercitata in forma di societa’, anche cooperativa, escluse le societa’ a responsabilita’ limitata e per azioni ed in accomandita semplice e per azioni, a condizione che la maggioranza dei soci, ovvero uno nel caso di due soci, svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo e che nell’impresa il lavoro abbia funzione preminente sul capitale. L’impresa artigiana puo’ svolgersi in luogo fisso, presso l’abitazione dell’imprenditore o di uno dei soci o in appositi locali o in altra sede designata dal committente oppure in forma ambulante o di posteggio. In ogni caso, l’imprenditore artigiano puo’ essere titolare di una sola impresa artigiana”.

Dalla definizione di impresa artigiana, si comprende che, in base all’oggetto dell’impresa, oggi può essere costituito da qualsiasi attività di produzione di beni, anche semilavorati o da prestazioni di servizi, sia pure con determinate esclusioni. Per quanto concerne il ruolo espletato dall’artigiano, si richiede che esso espleti “in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo” (articolo 2, comma primo).

Continuano ad essere imposti dei limiti per quanto concerne i dipendenti utilizzabili ma, il numero massimo, variabile da settore a settore, è più elevato di quello sancito e fissato dal dettato normativo contenuto nella legge del 1956. La Legge del 1984 riafferma la qualifica artigiana delle imprese costituite in forma di società cooperativa o in nome collettivoa condizione che la maggioranza dei soci, svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale nel processo produttivo e, che nell’impresa il lavoro abbia funzione preminente sul capitale“.

Imprenditore artigiano: estensione della qualifica

La qualifica di impresa artigiana è stata estesa alla società a responsabilità limitata unipersonale ed alla società in accomandita semplice, purchè il socio unico o tutti i soci accomandatari siano in possesso dei requisiti sanciti per l’imprenditore artigiano e non siano, al contempo, socio unico di altra S.r.l o socio di altra società in accomandita semplice.

La categoria delle imprese artigianali individuali e societarie risulta ampliata per tipologia e dimensioni, rispetto alla legge precedente. E’ scomparso, rispetto alla normativa previgente il riferimento alla “natura artistica o usuale” dei beni o servizi prodotti e, si qualificano artigiane anche le imprese di costruzioni edili.

Contribuzione INPS 2017: novità

I titolari di un’impresa artigiana sono responsabili per il versamento dei contributi propri e dei loro collaboratori. Per gli artigiani la legge definisce un reddito minimo  dovuto, anche se quello effettivo accertato ai fini fiscali risulta inferiore alla soglia prevista. Tale reddito viene utilizzato come base di riferimento per il pagamento dei contributi previdenziali (cosiddetto contributo minimo obbligatorio).

Se il reddito d’impresa supera il reddito minimale devono essere versati anche i contributi eccedenti il minimale (o contributi a percentuale). È inoltre dovuto il contributo per maternità, stabilito in misura fissa in 0,62 euro mensili.

La Circolare INPS n.22 pubblicata in data 31 gennaio 2017, le aliquote contributive per il finanziamento delle gestioni pensionistiche dei lavoratori artigiani e commercianti, per l’anno 2017, sono pari alla misura del 23,55%. L’art. 1, comma 287, della legge 28 dicembre, n. 208 (legge di Stabilità), dispone che “Con riferimento alle prestazioni previdenziali e assistenziali e ai parametri ad esse connessi, la percentuale di adeguamento corrispondente alla variazione che si determina rapportando il valore medio dell’ indice ISTAT dei prezzi al consumo per famiglie di operai ed impiegati, relativo all’anno precedente il mese di decorrenza dell’adeguamento, all’analogo valore medio relativo all’anno precedente non può risultare inferiore a zero.”

Conseguentemente, per l’anno 2017, il reddito minimo annuo da prendere in considerazione ai fini del calcolo del contributo IVS dovuto dagli artigiani e dagli esercenti attività commerciali rimane invariato rispetto all’anno 2016 ed è pari a € 15.548,00.

Tale valore è stato ottenuto – in base alle disposizioni contenute nell’art.1, comma 3 della legge 2 agosto 1990, n. 233 – moltiplicando per 312 il minimale giornaliero di retribuzione da utilizzare per il calcolo dei contributi in favore degli operai dei settori artigianato e commercio in vigore al 1° gennaio 2017 (€47,68) ed aggiungendo al prodotto l’importo di € 671,39 così come disposto dall’art. 6 della legge 31 dicembre 1991, n. 415.

Pertanto le aliquote per il corrente anno risultano come segue:

  1. a) titolari di qualunque età e coadiuvanti / coadiutori di età superiore ai 21 anni, 23,55 %
  2. b) coadiuvanti / coadiutori di età non superiore ai 21 anni, 20,55 %.

La riduzione contributiva al 20,55 % (artigiani) è applicabile fino a tutto il mese in cui il collaboratore interessato compie i 21 anni.

In conseguenza il contributo calcolato sul reddito “minimale” risulta così suddiviso:

  1. a) titolari di qualunque età e coadiuvanti / coadiutori di età superiore ai 21 anni, 3.668,99 (3.661,55 IVS + 7,44 maternità)
  2. b) coadiuvanti / coadiutori di età non superiore ai 21 anni, 3.202,55 (3.195,11 IVS + 7,44 maternità)

Per i periodi inferiori all’anno solare, il contributo sul “minimale” rapportato a mese risulta pari a:

  1. a) titolari di qualunque età e coadiuvanti / coadiutori di età superiore ai 21 anni, 305,75 (305,13 IVS + 0,62 maternità)
  2. b) coadiuvanti / coadiutori di età non superiore ai 21 anni, 266,88 (266,26 IVS + 0,62 maternità)

Per le imprese artigiane con collaboratori, i contributi eccedenti il minimale devono essere determinati con le seguenti modalità:

  1. a) imprese familiari legalmente costituite, sia i contributi per il titolare, sia quelli per i collaboratori debbono essere calcolati tenendo conto della quota di reddito denunciata da ciascuno ai fini fiscali (cfr. art. 230-bis C.C.; art. 5, comma 4 del DPR 22 dicembre 1986, n. 917);
  2. b) aziende non costituite in imprese familiari: il titolare può attribuire a ciascun collaboratore una quota del reddito denunciato ai fini fiscali; in ogni caso, il totale dei redditi attribuiti ai collaboratori non può superare il 49% del reddito globale dell’impresa; i contributi per il titolare e per i collaboratori debbono essere calcolati tenendo conto della quota di reddito attribuita a ciascuno di essi (cfr. art. 1, comma 5 della legge 2 agosto 1990, n. 233).

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