Donne – imprenditrici: quanto può essere difficile la scalata al successo al femminile

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Se parliamo di donna e imprenditoria, ancora adesso nel XXI secolo ci sembra un binomio contrastante, poiché il mondo degli affari viene largamente attribuito al genere maschile, in particolare in Europa e nel Nord America. In Cina e in Gran Bretagna, invece, la situazione è diversa, dove le donne – imprenditrici sono maggiori rispetto agli imprenditori e portano avanti un’attività al femminile in toto.  Ciò che fa riflettere, o meglio fa sorgere dei dubbi: qual è la difficoltà che incontrano queste donne giovani e non, nel realizzare i lori obiettivi in un ambiente che da secoli è in mano agli uomini? Nello specifico che ci riguarda, quanto è difficile diventare un’imprenditrice in Italia, e quanto nel Sud della penisola?

Donne – imprenditrici: la situazione italiana

L’Italia è in linea con il resto dell’Occidente: soltanto un’attività imprenditoriale su cinque è guidata da una donna imprenditrice e la situazione non migliora nelle giovani società innovative, nonostante si rilevi che le startup fondate da donne hanno maggiore probabilità di ricevere investimenti rispetto a quelle costituite da soli uomini. A testimoniare il problema è Claudia Pingue, Senior Partner Responsabile del Fondo Technology Transfer di CDP Venture Capital SGR – Fondo Nazionale Innovazione, la quale ha dichiarato che “Mancano i role model al femminile, ovvero storie di donne proposte come campionesse dell’imprenditoria in grado di stimolare e supportare l’azione di altre donne”. A contribuire ad aumentare il divario tra i due generi, inoltre, è stata anche la pandemia da Covid-19, che secondo i dati emersi dagli studi dell’Accenture e Quilt.AI  e della Women20 (W20), il virus ha generato una differenza così grande tra uomo e donna che per colmarla, ci vorranno 51 anni (dal 2020 al 2071).  Dati allarmanti che mettono all’erta non solo tutte le donne che vogliono intraprendere una qualsiasi attività imprenditoriale, ma anche i Paesi di tutto il mondo che dovrebbero svilupparsi anche in campo femminile e permettere al gentil sesso di poter crescere professionalmente proprio come farebbe un uomo. Infatti, alcuni Paesi, sempre nella zona asiatica, stanno intervenendo nella formazione scolastica, invogliando le adolescenti a investire su una cultura di tipo scientifico, la cosiddetta STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics), in modo da superare i classici stereotipi secondo cui le donne non hanno le capacità adeguate per intraprendere un percorso formativo e lavorativo in ambito tecnico- scientifico. Da questi Paesi, dunque, dovrebbe prendere esempio anche l’Italia, ricordando le donne che hanno fatto la storia nella scienza, come Rita Levi Montalcini, e porle come esempio alle giovani donne, ancora acerbe professionalmente.

Sud-Italia al femminile: qual è la situazione?

Nonostante i dati non siano dei migliori, l’Italia sta attuando delle agevolazioni per le donne imprenditrici nelle imprese che ha portato ad ottenere, a quanto rilevato dall’Osservatorio dell’imprenditorialità femminile di Unioncamere, un bilancio di una donna su quattro, quindi circa 2,5 milioni di cariche, che intraprende una carriera professionale in campo aziendale. Ciò riguarda solo il Nord-Italia, per cui bisognerebbe incentivare ancora di più questi dati e invertire questo bilancio introducendo una presenza ancor più massiccia di donne all’interno delle imprese, in particolare nel Sud. Piccoli passi si stanno avendo con una delle agevolazioni più note, “Nuove Imprese a tasso zero” di Invitalia, dedicata ai giovani e alle donne di tutte le età. Nel progetto si mettono a disposizione fino a 1.5 milioni per progetti di impresa in tutti i settori economici e possono partecipare al bando le imprese femminili costituite da meno di 12 mesi e le donne che vogliono avviare una nuova attività. A ciò si aggiungono altre possibilità quali:

         Il programma Cultura Crea: finanziato con il Pon “Fesr Cultura e sviluppo”, aiuta le nuove iniziative imprenditoriali e no profit nei settori culturali e turistici per valorizzare le risorse del meridione (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia). Essa è rivolta a tutti, ma le imprese e cooperative femminili possono avere fino al 45% di finanziamenti senza interessi e di contributi a fondo perduto per la creazione di un’impresa;

         Protocollo d’intesa dell’ABI: finanziamenti per sostenere l’accesso al credito delle imprese femminili e delle lavoratrici autonome nelle diverse fasi del ciclo di attività. Tra i finanziamenti della società troviamo: “Investiamo nelle donne”, pensato per supportare le imprenditrici a realizzare nuovi investimenti, e sviluppare l’attività di impresa o la propria professione; “Donne in start-up”, per creare start up al femminile; “Donne in ripresa” volto alla ripresa delle PMI e delle lavoratrici autonome che, per effetto della crisi, attraversano una situazione di difficoltà;

          Fondo di Garanzia per Imprese Femminili: un sostegno per l’accesso al credito delle piccole imprese.  La sezione speciale alle imprese femminili permette un più agevole accesso al credito bancario e prevede una garanzia pubblica fino all’80% del totale dell’operazione senza sostenere costi aggiuntivi per l’emissione della garanzia.

In conclusione, bisogna porre l’attenzione anche sulla forma mentis delle donne: non basta che i Paesi si mobilitino per cancellare il divario tra i generi, ma le stesse donne devono essere pronte a “rimboccarsi le maniche” e combattere contro questa differenza che in modo obsoleto perdura negli anni, proprio come fanno i gruppi di donne attiviste del Comitato imprenditoria femminile della camera di commercio di Milano (CIF), l’ European Women in Vc, Women&Tech- Associazione donne e teconologie e Gammadonna, tutte no profit ma con il solo obiettivo di far emergere la donna nel mondo.

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