calcio italia

Costi di acquisizione più bassi e maggiori margini di crescita. Le società del calcio italiano in Serie A e B continuano ad attrarre capitali esteri per un motivo piuttosto semplice: esiste un potenziale economico inesplorato che può generare grande visibilità e profitti nei prossimi anni. Un sistema con un bacino di appassionati pari a circa 30 milioni di sportivi da conquistare e fidelizzare, magari a partire dal classico impianto di proprietà con servizi annessi, strategie di marketing e merchandising. Del resto l’Italia è rimasta tra gli ultimi paesi a intendere il calcio come un business: un terreno vergine su cui puntare e in cui investire. 

Insomma, la percezione del calcio italiano è quella di un segmento con straordinarie prospettive di crescita. Acquisire una società in Serie A o B è piuttosto economico per i capitali e i fondi esteri statunitensi, arabi o cinesi: la Roma è costata ai Friedkin 591 milioni di euro, la Fiorentina è stata venduta a Commisso per 150 milioni e una piccola come lo Spezia è stata rilevata per poco più di venti milioni. Impossibile il paragone con altre leghe europee tipo Premier, dove una medio piccola può costare anche 400 milioni di euro, vedi Newcastle, passato di recente sotto il controllo del fondo sovrano saudita. Per i capitali esteri il calcio italiano può diventare una miniera d’oro, se gestito in modo efficace e moderno. E poi c’è l’aspetto della tradizione di alcune squadre, il blasone e l’appeal del Bel Paese: buona parte dei club in mani straniere sono anche città strategiche sul piano commerciale e dell’attrattiva turistica.

Prima di passare quest’anno alla RedBird Capital, il Milan era stato acquisito dal fondo Elliot nel 2017 per 740 milioni di euro: in cinque anni il valore del club è aumentato di un terzo, anche e soprattutto grazie alle ritrovate ambizioni dei rossoneri. In altre parole, grazie all’ottimizzazione delle performance economiche, la società di via Turati ha innescato un circolo virtuoso che ha permesso di essere ceduta ad un prezzo maggiore rispetto a quello dell’acquisizione iniziale. La gestione oculata si evince anche dal bilancio 2018, quando la società aveva riportato una perdita di 96,4 milioni, dato praticamente positivo considerando che nel 2020 era quasi il doppio.

I tornei italiani continuano ad essere terra di conquista. Sette le squadre in Serie A e altrettante in Serie B con proprietà straniere. Si tratta di Milan, Inter, Roma, Atalanta, Bologna, Fiorentina e Spezia in A mentre nel campionato cadetto figurano Genoa (della 777 Partners), Parma (Krause Group), Venezia (VFC Newco 2020 LLC di Duncan Niederauer), Pisa (75% delle quote acquisite da Alexander Knaster), Palermo (City Group degli sceicchi Mansour e Al-Mubarak), Spal (di Joe Tacopina) e Como (Sent Entertainment). Anche in Lega Pro alcune squadre sono passate in mani straniere, come l’Ancona Matelica, il Campobasso, il Cesena, il Padova e la Triestina.

Negli ultimi due anni, e non è un caso alla luce dei numeri visti sin ora, tre squadre italiane gestite da gruppi stranieri hanno vinto il campionato e una coppa europea (la Conference): si tratta di Milan, Inter e Roma. Le milanesi, peraltro, sono ancora favorite secondo le quote per lo scudetto segnalate dai portali di betting. Ma l’eccezione è il Napoli, di Aurelio De Laurentiis, l’italianissimo che in Serie A e Champions sta raggiungendo straordinari traguardi in questo 2022-23. Non male, sempre in termini di quote, anche la Lazio di Lotito.

Il panorama del calcio tricolore inizia a cambiare nel 2011: fino ad allora tutte le squadre di A erano in mano a imprenditori italiani. Poi nello stesso anno spunta Thomas di Benedetto che rileva la Roma, per poi cederla successivamente a James Pallotta, presidente fino al 2020, quando il club è stato infine ceduto ad un altro americano, Dan Friedkin, a 591 milioni di euro circa. Inizia con i giallorossi il nuovo trend delle acquisizioni estere. Oggi invece la situazione in Serie A è piuttosto variegata. 

Nel febbraio 2022 la famiglia Percassi cede il 55% delle quote de La Dea Srl, sub-holding che oggi detiene circa l’86% del capitale sociale dell’Atalanta, a un gruppo di investitori capitanati da Stephen Pagliuca, Managing Partner e Co-owner dei Boston Celtics, oltre che Co-chairman di Bain Capital, uno dei principali fondi di investimento al mondo. Nel 2014 un gruppo di investitori nord-americani, rappresentati dal canadese Joey Saputo e dall’avvocato newyorkese Joe Tacopina, rilevano la proprietà del Bologna. Tacopina lascia nel 2021, direzione Spal.

Nel 2019 la famiglia Della Valle cede ufficialmente la Fiorentina all’italo-americano Rocco Commisso, numero uno della Mediacom Communications Corporation. Nel 2016 l’Inter passa in mano all’attuale proprietà cinese: il Gruppo Suning, con Steven Zhang presidente, che acquista il 68.55% delle quote nerazzurre, mentre a gennaio 2019 l’altro 31.05% viene acquisito dalla LionRock Capital. Nel giugno 2022 la RedBird Capital Partners di Gerry Cardinale acquista il Milan che dal 2018 era nelle mani di Paul Singer, fondatore e proprietario della Elliott Management Corporation. Lo Spezia è invece nelle mani dell’americano Robert Platek che nel 2021 ha rilevato il 100% delle quote della società dalla Orlean Invest di Gabriele Volpi. Platek è proprietario anche del Sonderjyske in Danimarca e il Casa Pia in Portogallo.

(Foto di Reimund Bertrams da Pixabay)